domenica 11 novembre 2012

Luoghi. Il teatro San Ferdinando


«La mia vera casa è il palcoscenico, là so esattamente come muovermi, cosa fare:
nella vita sono uno sfollato»

Nel febbraio del 1948 Eduardo acquistò quel che restava del teatro San Ferdinando, ridotto ad un cumulo di macerie dai bombardamenti che durante la Seconda Guerra Mondiale colpirono la città di Napoli.
Il teatro, eretto nel 1791-97 da Ferdinando I di Borbone, si trova nel quartiere di San Lorenzo, all'epoca zona periferica della città. Quella di Eduardo fu una scelta precisa: creare nel cuore di un quartiere "difficile" un punto di aggregazione e di cultura per i suoi abitanti, dove dar vita ad una scuola di attori e tecnici e nella quale far rivivere la tradizione del teatro napoletano affinché questa fosse di ispirazione anche per i nuovi autori.

L'impegno economico che dovette affrontare fu enorme. Non ottenne aiuti dallo Stato, che pure aveva incluso tra gli edifici di pubblica utilità, e quindi aventi diritto alle sovvenzioni per la ricostruzione post-bellica, le sale cinematografiche. I teatri non furono ritenuti di pubblica utilità così Eduardo ricostruì il San Ferdinando con le sue sole forze, chiedendo prestiti alle banche, accettando scritture per il cinema che, a fronte di un impegno minore rispetto al teatro, gli garantiva guadagni maggiori.

Il teatro fu inaugurato nel 1954 con la commedia di Antonio Petito Palummella zompa e vola. Rivolgendosi ai napoletani, nel fascicoletto pubblicato in occasione dell'inaugurazione, Eduardo scrisse:

«[...] Comme me venette ncapa 'e fravecà stu teatro nun v' 'o ssaccio dicere, 'o cert'è ca miezo Pontenuovo 'o San Ferdinando ce sta n'ata vota. È mio? A me nun me vo' trasì ncapa ca songo 'o patrone, pecché scusate: vuie quando v'avite accattato nu palco o na pultrona, pe' chelli ddoie ore ca dura 'o spettacolo, site patrune vuie.
Insomma voglio dicere ca songo patrune tutte chille ca s'accattano 'o biglietto e traseno, e tutte chille ca traserranno quanno nuie simmo muorte tutte quante. [...]».

L'anno seguente il teatro divenne sede della compagnia "Scarpettiana", fondata da Eduardo allo scopo di riproporre il repertorio paterno e in generale quello della grande tradizione teatrale napoletana, avvalendosi di giovani attori, molti dei quali raggiungeranno in seguito grande fama. Negli anni '60, a causa di problemi finanziari, si vide costretto a chiudere il teatro che riaprirà nel 1966 grazie ad una collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano. Nuovamente a causa di difficoltà economiche nel 1971 venne dato in gestione all'ETI (Ente Teatrale Italiano). Alla scadenza del contratto, nei primi anni Ottanta, il teatro fu chiuso e dopo la morte di Eduardo suo figlio Luca, pur non avendo risorse sufficienti a ristrutturarlo e riaprirlo, non ha voluto cedere alle numerose proposte di acquisto che gli arrivavano e che in molti casi prevedevano per i locali un uso completamente diverso da quello originario. Nel 1996 il San Ferdinando fu donato al Comune di Napoli ed ora è gestito dal Teatro Stabile della città.


Il grande foyer del teatro, disposto su tre livelli, ospita in una esposizione permanente numerosi cimeli appartenuti alle grandi figure della tradizione teatrale napoletana. Vi sono abiti e foto di scena di Eduardo, Scarpetta, Viviani, Totò, Troisi e molti altri. 
Il palcoscenico fu progettato e costruito da un grande macchinista teatrale, Peppino Mercurio.
Il teatro si trova nella piazza oggi intitolata a Eduardo, una piccola piazza che si apre tra i vicoli del quartiere, dove i ragazzini spesso e volentieri si radunano per giocare a pallone (c'è persino disegnata in terra la linea di centrocampo...).


Leggi anche:
"Difendete questo teatro"
Con Eduardo

1 commento:

  1. Commentare da anonimo nun me piace, ma nun saccio fa' diversamente in questo blog.
    Ho letto la storia, breve, del San Ferdinando. Ogni volta che qualcosa che mi impegna e che riguarda Eduardo, entro in un mondo diverso da quello in cui respiro. Aria di verità, di realtà, quella che mi pervade. Napoli non è solo la mia città, ma anche la mia Patria. Prima o seconda, non importa: è la mia Patria. Eduardo ha descritto, e scritto, anche me nelle sue commedie. La mia Città, la mia gente, le mie attese. Le mie speranze. Le illusioni e le delusioni. Ma anche le disillusioni. 'o pate, 'a mamma, 'e frate, gli amici, buoni e brutti. Pure loro. E poi i vicoli, 'o cielo, ' e nuvole. La pioggia e 'o sole. Mio, tuo, nostro. Quanta poesia. Quanti drammi. La storia di Napoli un carosello, una giostra. Oggi no, dimane chissà. Pecchè gli esami non finiscono mai. Diversamente 'a Vita sarebbe monotona.

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