mercoledì 2 febbraio 2011

O capitano, mio capitano!

Nel 1981 Ferruccio Marotti, titolare della cattedra di Storia del teatro e dello spettacolo all'Università di Roma, invitò Eduardo a tenere un corso di Drammaturgia della durata di tre anni. Alla prova di ammissione si presentarono trecento candidati che, dopo estenuanti sedute di lettura pubblica dei rispettivi elaborati, furono tutti ammessi a seguire il corso, con un'unica differenziazione tra allievi scrittori ed uditori. Tra i primi c'era Maria Letizia Compatangelo, oggi giornalista e autrice di testi teatrali. A distanza di vent'anni  ha voluto ripercorrere in questo libro la storia di quella esperienza unica attraverso i suoi ricordi, le riflessioni di allora e le riflessioni che dopo anni sono maturate.

Di grande interesse è il capitolo in cui l'autrice analizza il metodo di insegnamento di Eduardo, definito come «un metodo nuovo da una tradizione antica», in cui confluiscono "l'apprendistato della bottega teatrale", attraverso il quale si apprende la tecnica, le basi del mestiere di drammaturgo, ed "il dialogo maieutico" che, mutuando il termine da Socrate,  deve portare gli allievi ad avere «il coraggio di scrivere».

Un altro capitolo è poi dedicato al racconto della messa in scena, fortemente voluta da Eduardo, di una delle commedie realizzate durante il corso da uno degli studenti, Claudio Brachino, dal titolo Mettiti al passo! Il testo venne presentato a sorpresa nel cartellone della stagione 1982-83 del Teatro Valle di Roma. Il maestro non voleva che il lavoro svolto all'interno della Scuola rimanesse relegato in un ambito ristretto, attraverso una rappresentazione realizzata dagli stessi allievi, come una sorta di saggio di fine corso. Il suo obiettivo era invece quello di portare la nuova drammaturgia emergente nei circuiti teatrali nazionali, con il coinvolgimento di una vera compagnia di professionisti (gli interpreti furono Paolo Graziosi e Lina Sastri), diretta da lui stesso. Naturalmente questa notizia creò delle aspettative molto alte che andarono purtroppo deluse e la commedia fu demolita dalla critica. Scrive a questo proposito la Compatangelo:

«La cosa più vera e giusta l'ha scritta Aggeo Savioli, autore peraltro di una delle critiche più equilibrate, sostenendo che in fondo quella sera al Valle, alla prima di Mettiti al passo!, il pubblico in cuor suo aspettava, sperava di assistere ad una nuova commedia di Eduardo, la qual cosa immagino abbia contribuito non poco ad ingenerare un furioso senso di delusione. Atteggiamento comprensibile che tuttavia lascia molto da riflettere sulla tendenza ripetitiva e museale del nostro teatro, la stessa che Eduardo intendeva contrastare, pur servendosi del proprio prestigio come cassa di risonanza, proponendo la via nuova di una commedia della Scuola. Il maestro guardava avanti.
Invece un sorrisetto traverso, uno sbuffo di sufficienza e un ghigno malevolo - per carità, sempre esistiti in teatro - sono diventati più potenti della realtà, capaci di far perdere di vista l'obiettivo e di far chiudere gli occhi davanti allo sforzo di un vecchio di ottantadue anni per contribuire a risanare, non dico il teatro, ma la drammaturgia italiana, visibilmente inferma. Un vecchio che sinché se ne sta buono e zitto sono tutti pronti ad affermare che è un mito».

Potrebbe risultare interessante leggere questo libro parallelamente alle Lezioni di teatro, curato da Paola Quarenghi e edito da Einaudi nel 1986, che documenta, attraverso la trascrizione delle lezioni, il percorso seguito nella Scuola di drammaturgia da Eduardo insieme ai suoi allievi.

Maria Letizia Compatangelo, O capitano, mio capitano. Eduardo maestro di drammaturgia, Bulzoni Editore
  

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