mercoledì 18 dicembre 2013

Eduardo e il suo monologo tra cinema, teatro e storia

È stato da poco pubblicato dall'editore Rubbettino un Quaderno, il primo di una nuova serie curata dalla Cineteca Nazionale, dedicato al ritrovamento, avvenuto nel 2012, di un interessante documento filmato rimasto inedito e probabilmente mai proiettato, di cui è protagonista Eduardo. Realizzato negli anni tra il 1949 ed il 1950 per propagandare il Piano Marshall, il cortometraggio propone una rivisitazione della celeberrima scena del balcone di Questi fantasmi!, con Pasquale Lojacono che conversa con l'invisibile dirimpettaio, il professor Santanna.

Il filmato, intitolato Monologo, era stato presentato lo scorso mese di marzo nel corso di una giornata di studi organizzata dal Centro Teatro Ateneo e dal Centro Sperimentale di Cinematografia, dai cui archivi è emerso questo prezioso reperto. Il piccolo volume, presentato in settembre alla Biennale di Venezia, raccoglie i contributi dei partecipanti al convegno.

Con una calzante metafora Sergio Bruno, del Centro Sperimentale di Cinematografia e curatore della pubblicazione, ha definito il ritrovamento del filmato «come un messaggio in una bottiglia» ed ha ripercorso le fasi del suo recupero negli archivi della Cineteca Nazionale e delle operazioni di restauro sulla pellicola. Questo ritrovamento ha offerto lo spunto per approfondire alcuni aspetti legati al filmato, alla sua destinazione e, ampliando il discorso, per analizzare il contesto storico e politico dell'immediato dopoguerra. In particolare si è focalizzata l'attenzione sulla politica estera degli Stati Uniti, sul piano di aiuti economici attuato nei confronti delle nazioni europee, sulle strategie di propaganda utilizzate. Naturalmente l'approfondimento ha toccato anche temi più strettamente legati all'attività cinematografica di Eduardo in quegli anni ed il suo rapporto con la politica. Di grande interesse anche l'analisi del format utilizzato per la realizzazione di questo cortometraggio, già sfruttato anche in occasione delle elezioni tenute in Italia nel 1948.

domenica 8 dicembre 2013

Eduardo su Youtube. "La tangibile nostalgia di un'assenza"


Quando Eduardo presentò agli aspiranti allievi il corso di Drammaturgia che avrebbe tenuto all'Università La Sapienza di Roma, si soffermò tra l'altro sull'importanza della tradizione, spiegando cosa rappresentasse per lui: un punto di partenza , la vita che continua, qualcosa che può essere anche confutato e negato, ma che prima va conosciuto, un trampolino di cui servirsi per "saltare molto più in alto". Intraprese questa esperienza in tarda età, quando ormai la salute non gli permetteva più di recitare, per mettere a disposizione dei giovani il suo "mestiere", per dare loro il "coraggio di scrivere" e per non lasciar morire la sua tradizione.

Nel corso della sua lunga vita di uomo di teatro, Eduardo si servì dei nuovi mezzi di comunicazione che man mano andavano prendendo piede per documentare e diffondere presso un pubblico sempre più vasto la sua opera. Negli anni '50 registrò per la radio Filumena Marturano e Le voci di dentro, alcune delle sue commedie più note furono adattate per il cinema, con esiti più o meno fortunati, ed infine iniziò la sua esperienza con la televisione. Fu un approccio basato in un primo momento su un sentimento di diffidenza. Eduardo infatti temeva che questo mezzo, nato da poco, potesse inflazionare il suo repertorio. Le prime commedie andate in onda furono delle riprese in diretta da teatro, soprattutto del repertorio Scarpettiano (Miseria e nobiltà, Tre cazune furtunate). Nel '56 registra  sei telefilm tratti da suoi atti unici e quindi nel 1962 realizza il primo ciclo di commedie. Si tratta di una novità assoluta per la televisione in quanto Eduardo si propone come autore, attore, regista, capocomico della stessa compagnia con cui lavora in teatro.
Seguirà un secondo ciclo due anni dopo, quindi il cosiddetto "ciclo Scarpettiano" a distanza di undici anni ed a seguire un terzo e quarto ciclo tra il 1975 ed il 1981. Nel corso di questa lunga frequentazione, Eduardo segue le evoluzioni del mezzo televisivo, passando dal bianco e nero al colore e prendendo sempre maggior confidenza con lo strumento, il che gli permise anche di imporre maggiormente il suo stile. A partire infatti dai lavori realizzati negli anni '70, abbandona alcuni schemi televisivi legati al linguaggio e soprattutto alle ambientazioni, piegando il mezzo televisivo ai linguaggi ed agli spazi teatrali. Non più quindi scene ricostruite nei minimi dettagli, personaggi che si spostano da un ambiente all'altro come negli sceneggiati, ma la riproduzione di un vero palcoscenico, trucco e recitazione degli attori come se si trovassero in un vero teatro, fino ad arrivare alle sagome disegnate del pubblico in sala a cui, nelle ultime registrazioni, la compagnia ripresa di spalle, rivolge il rituale ringraziamento.

martedì 3 dicembre 2013

Requie all'anema soja... I morti non fanno paura

Requie all'anema soja... è un atto unico la cui prima stesura viene fatta risalire al 1926, anno in cui Eduardo recitava nella compagnia di Vincenzo Scarpetta. Non fu tuttavia rappresentato fino al 1932, quando venne portato in scena dalla compagnia "Teatro Umoristico i De Filippo" al Teatro Kursaal di Napoli.
Nel 1952 Eduardo lo ripresentò al Piccolo Eliseo di Roma insieme ad altri due atti unici, Amicizia e La voce del padrone, curandone però solo la regia . Gli interpreti erano giovani attori non dialettali, tra i quali Paolo Panelli, Bice Valori, Tino Buazzelli, Nino Manfredi e con le scene di Titina. In occasione di questa messa in scena il testo viene italianizzato ed anche il titolo cambia, divenendo I morti non fanno paura. I caratteri dei personaggi sono meglio messi a fuoco, ampliate le didascalie e definite le scene che nella versione originale erano lasciate a soggetto. Anche il finale viene cambiato e da una conclusione grottesca Eduardo passa ad una più moraleggiante e pessimistica.

La scena si svolge in una delle due stanze di una povera casa. Si è da poco svolto il funerale di Gennaro, un uomo nel pieno delle forze morto all'improvviso. Amalia, la vedova, affranta e quasi inebetita viene sostenuta e consolata da Carmela, energica vicina di casa «seduta in un atteggiamento apparentemente indispettito, come se la morte avesse dovuto chiedere il permesso a lei prima di pigliarsi don Gennaro». Sono presenti anche due colleghi del defunto, raggiunti poco dopo da un terzo, arrivato in ritardo per aver «fatto questione» con la moglie. Si unisce ai presenti anche Nicola, il portiere del palazzo, che offre i suoi servizi ad Amalia. Tutti i presenti sono costernati dalla rapidità con cui Gennaro è passato a miglior vita mentre la vedova continua a dolersi per la sua perdita. Carmela la convince ad andare a casa sua per rifocillarsi e tranquillizzarsi. Amalia però è preoccupata perché attende da un momento all'altro il rientro di Enrico, un agente di commercio di ritorno da un viaggio di lavoro, il quale ha preso in affitto la seconda camera dell'abitazione. Proprio nella sua stanza, la più appartata della casa, hanno allestito la camera ardente ed ancora non è stata sgomberata dai ceri e dal letto su cui, fino a poco prima, era deposto il morto.

giovedì 14 novembre 2013

La Napoli milionaria! di Eduardo De Filippo. Dalla realtà all'arte senza soluzione di continuità

Nel 2006 l'editore Liguori ha pubblicato questo saggio dedicato alla commedia Napoli milionaria!. L'autore è Carlo Montariello, laureato in Storia del Cinema, regista teatrale e sceneggiatore di serie televisive.
Il sottotitolo del volume introduce l'intento dell'autore: osservare il periodo storico della seconda guerra mondiale e dell'immediato dopoguerra attraverso la commedia e il film di Eduardo, partendo dall'assunto che le opere artistiche, teatrali o cinematografiche che siano, rappresentano «il documento storico per eccellenza del novecento». Infatti Eduardo, oltre a descrivere la situazione italiana del periodo bellico, ha mostrato le ricadute morali di questi avvenimenti che «hanno determinato la disumanizzazione dell'uomo. [...] Eduardo, ancorché un drammaturgo, si dimostra essere uno straordinario conoscitore dell'animo umano, accogliendo in questa determinazione le discipline costitutive delle scienze umane: la storia, l'antropologia, la filosofia, la psicologia e l'arte stessa che egli rappresenta».

Nel primo capitolo del libro Montariello espone il quadro storico degli anni 1942-1945 a Napoli, soffermandosi sui fenomeni del contrabbando e del mercato nero, della diffusione delle malattie, della miseria e della prostituzione, temi ripresi poi da Eduardo nella commedia.

Il capitolo successivo è dedicato alla nuova drammaturgia di Eduardo una volta conclusa l'esperienza del "Teatro Umoristico I De Filippo". Sarà proprio Napoli milionaria! a rappresentare il punto di svolta e di non ritorno, a partire dal quale inizierà la sua riflessione sull'uomo e sul suo rapporto con il contesto sociale nel quale è calato e sulle conseguenze prodotte dalla Storia. Quindi l'autore del saggio passa ad analizzare la commedia esaminandone i nodi salienti, facendo spesso riferimento alle puntuali ed acute osservazioni critiche di Anna Barsotti che alla drammaturgia di Eduardo ha dedicato pagine preziose ed imprescindibili. A conclusione del capitolo Montariello ha ricostruito l'accoglienza che ebbe la commedia al suo debutto attraverso le recensioni dei critici dell'epoca.

giovedì 31 ottobre 2013

Una sensazione di immortalità

«Eduardo ci lascia l'esempio di un uomo che per tutta la vita, senza fermarsi mai, è esistito in funzione della creatività. Non credo che abbia pensato mai veramente ad altro se non a creare, ad inventare.
Sembrerà strano, ma la sua morte mi dà un grande senso di pace, di serenità, di contemplazione. La sensazione che danno le opere d'arte, una sensazione di immortalità».

Federico Fellini, Il Mattino, 2 novembre 1984

domenica 15 settembre 2013

Le molte vite di Sik-Sik

«Quando mi domandano qual è il personaggio di una commedia che io ami di più, io fingo imbarazzo, cerco di eludere [...] e lo faccio così, per un senso di delicatezza, per non urtare contro il gusto della persona che mi interroga. Ma qui, di fronte a una platea tanto vasta e così esclusa da ogni constatazione immediata io sento il dovere di dire la verità. Il personaggio che più mi sta a cuore, che più amo è Sik-Sik, l'artefice magico».

Con queste parole Eduardo presentava l'edizione televisiva del 1962 del suo atto unico Sik-Sik, l'artefice magico. Ad ulteriore riprova di quanto fosse legato a questo povero illusionista-illuso (secondo la felice definizione che ne ha dato Anna Barsotti) è il fatto che lo scelse come ultimo personaggio da interpretare per il suo addio alle scene nel 1980. Sik-Sik, concepito dal suo autore durante un viaggio in treno tra Roma e Napoli nel 1929, può vantare di essere stata la prima opera di Eduardo pubblicata nei primi anni Trenta, edita dalla Tirrena, una casa editrice di Napoli, insieme all'atto unico Filosoficamente.

Sia con la compagnia "Il Teatro Umoristico" che con "Il Teatro di Eduardo" è stato portato in scena nel corso di tutta la lunghissima carriera del suo autore. Nella stagione 1978-79 fu rappresentato a Napoli, al San Ferdinando insieme al Berretto a sonagli di Pirandello. In quell'anno era direttore del teatro il giornalista, scrittore e critico teatrale Giulio Baffi il quale, una sera, registrò su un nastro l'audio dello spettacolo. A distanza di anni, dopo la morte di Eduardo, Sik-Sik è tornato in palcoscenico interpretato da Carlo Cecchi e da Silvio Orlando. Assistendo a queste rappresentazioni Baffi si rese conto che, rispetto allo spettacolo del San Ferdinando, erano assenti molte battute rimaste impresse nel suo nastro.

giovedì 12 settembre 2013

Sabato, domenica e lunedì. Eduardo De Filippo, teatro vita copione e palcoscenico

Nell'ottobre 2001, a conclusione delle celebrazioni  per il centenario della nascita di Eduardo, il Centro Teatro Ateneo ed il Dipartimento di Arti e Scienze dello Spettacolo dell'Università di Roma organizzarono un convegno della durata di tre giorni al quale intervennero studiosi, giornalisti, scrittori ed attori per portare, ciascuno nel proprio ambito, testimonianze sulla figura di Eduardo.

Gli atti del convegno furono successivamente pubblicati in una edizione non in commercio, in occasione della Settimana della Cultura del 2005 ed in seguito Agostino Lombardo e Ferruccio Marotti vollero includere il volume nella collana Memoria di Eduardo dell'editore Bulzoni.

La tre giorni si svolse effettivamente tra un sabato ed un lunedì (dal 27 al 29 ottobre), e si concluse con un pranzo a base di ragù, a voler richiamare, ovviamente, la celebre commedia che ha dato il titolo al convegno.

Gli interventi dei relatori furono numerosi e di grande interesse. Il critico teatrale Aggeo Savioli ad esempio, nella sua relazione Questi fantasmi di guerra, si è soffermato ad analizzare come le opere di Eduardo siano state uno specchio fedele della Storia, in particolare negli anni della guerra e del dopoguerra.
Il giornalista Emilio Pozzi, intitolando il suo intervento Pulecenella va cercando ha approfondito il legame tra Eduardo e le città che hanno avuto nella sua storia personale ed artistica un significato particolare: Napoli, Milano, Roma e Firenze.
Huguette Hatem, traduttrice delle sue opere in lingua francese, ha analizzato le commedie "metateatrali", quelle cioè nelle quali viene rappresentato il mondo del teatro che in Eduardo è metafora del mondo.

Naturalmente non mancano gli approfondimenti sempre estremamente interessanti di Paola Quarenghi (Eduardo: 1954-1948. Esperimenti col "fuori scena") ed Antonella Ottai (Padri deboli e padri forti nel teatro di Eduardo). Ed ancora, tra gli altri, Maurizio Giammusso, autore della sua biografia (Le sorprese di un biografo), Nicola De Blasi, che insieme alla Quarenghi ha curato l'edizione critica delle opere per la collana "I Meridiani" (Edizione critica del teatro di Eduardo De Filippo: errori di stampa ed errori di lingua nel testo di Napoli milionaria!), Anna Barsotti (Eduardo: affabulazione e silenzi).

mercoledì 4 settembre 2013

"Nostalgia e disperazione"

«Ho creduto nella sua drammaturgia, ho creduto nel testo, ho creduto nel suo pensiero teatrale. Il lavoro su Eduardo, per certi aspetti, si inserisce nella tradizione di quello sui grandi comici, il che lo mette in linea diretta, per esempio, con Molière, per parlare di un altro autore sul quale ho lavorato molto. E in più c'è una particolarità che mi affascina molto parlando del suo teatro, dei suoi testi, della sua recitazione. C'è un nodo, nel fondo del teatro di Eduardo, che è fatto di un impasto di nostalgia e disperazione. La disperazione è un sentimento che lui consegna a certi suoi personaggi che vivono uno stallo esistenziale, al di là di certi finali solo apparentemente concilianti. La nostalgia appartiene al teatro come forma antichissima, a cui l'uomo affida l'espressione di questa disperazione».

(Toni Servillo in T. Servillo e G. Capitta, Interpretazione e creatività, Editori Laterza)

martedì 25 giugno 2013

Filosoficamente

Eduardo, Titina e Peppino negli anni Trenta
Filosoficamente è un atto unico scritto da Eduardo nel 1928 e che può essere considerato tra le sue opere minori. Pur essendo incluso nelle edizioni a stampa delle sue commedie, nella Cantata dei giorni pari, sembrerebbe non essere mai stato portato in scena.

Si tratta di una breve storia dal sapore agrodolce, con alcuni spunti comici che però non prevalgono sul tono dimesso che caratterizza l'intera situazione. La scena si svolge sulla terrazza di un'abitazione piccolo borghese. Gaetano Piscopo è un modesto impiegato, vedovo e con due figlie da sistemare. La sua maggior preoccupazione non consiste tanto nel dover far quadrare i conti per tirare avanti decorosamente, quanto nel sentirsi costretto a «mantenere come meglio può le apparenze», come si conviene alle persone del suo ceto sociale. Per cercare di accasare in maniera dignitosa le sue figlie Maria e Margherita, organizza delle piccole festicciole in terrazza a cui partecipano pochi amici. Per non sfigurare e per offrire agli ospiti un rinfresco appena decente, Gaetano si trova a dover contrattare con le ragazze sulla cifra da "investire":

MARGHERITA: [...] Maria ha detto che voi non volete far toccare più di quindici lire, e che ce accattiamo? Siamo più di dieci persone. Se vogliamo offrire solamente le pizze, pure bisogna farle fare di due lire l'una, mo quelle di una lira le fanno tantelle; e un frutto ce lo volete dare? Quello Arturo ha mandato tre fiaschi di vino e una guantiera di paste di Caflisch che ce le possiamo buttare per la faccia, noi poi ce ne usciamo con quidici lire... Se poi ci dobbiamo far dire che siamo pirchi di dietro...
GAETANO: insomma, quanto ce vo' pe' fa' stu ricevimento al signor Arturo?
MARGHERITA: Voi è inutile che fate caricature, perché così succede che chiunque si presenta con qualche intenzione... dopo il secondo giorno se ne scappa, e noi restiamo per la vetrina. Ci vogliono per lo meno una quarantina di lire per comprare pure i frutti.
GAETANO: Pigliateve 'e quaranta lire e nun m'affliggete... Accussì mettimmo ll'uoglio 'a copp' 'o peretto.

Tra gli invitati vi sono Arturo e Vincenzino, il primo completamente cieco ed il secondo molto miope. Nonostante le rispettive menomazioni i due sono ragazzi allegri che giungono ad animare la riunione nella quale, prima del loro arrivo, la conversazione languiva.  Le chiacchiere dei presenti disturbano il sonno di Salvatore, un vicino che fa l'operaio e deve andare a letto presto per recarsi a lavorare nel cuore della notte. Il poveretto viene anche sbeffeggiato dai ragazzi divenendo vittima di uno scherzo organizzato a sue spese.
Arturo e Vincenzino aspirano a sposare le due figlie di Gaetano e nel corso della festa si dichiarano alle ragazze. La scena si conclude con il doppio fidanzamento, prontamente accettato da Gaetano che acconsente immediatamente alle richieste dei due giovani poiché, come è andato ripetendo dall'inizio, «chelle s'hann'a mmaretà». I promessi sposi, del resto, consapevoli di essere dei modesti partiti, vedono nelle due sorelle, che non portano nulla in dote, una possibilità di avere accanto una moglie che si prenda amorevolmente cura di loro.

martedì 11 giugno 2013

L'Archivio "Eduardo De Filippo" approda alla Biblioteca Nazionale di Napoli

«L'Archivio Eduardo De Filippo conserva, testimoni muti e concreti, copioni, soggetti e sceneggiature, foto, locandine e programmi di sala, ritagli di stampa. Essi ci restituiscono messaggi di un tempo determinato, che molti di noi non hanno neanche vissuto, e costituiscono materia per il costante lavoro di indagine dello storico. Questi documenti vivono delle nostre domande, del sentire Eduardo "nostro contemporaneo"».

Così scriveva Ernesto Cilento in un contributo dal titolo Il valore della memoriacontenuto nella ristampa della commedia Napoli Milionaria! realizzata in occasione dell'edizione che portò in scena Luca De Filippo nel 2003. La pubblicazione fu curata dall'Associazione Voluptaria, di cui Cilento è presidente, che già da qualche anno si occupava della catalogazione di tutto il materiale dell'archivio De Filippo. Conservato fino al 1997 presso il teatro San Ferdinando, quando questo fu donato al comune di Napoli da Luca De Filippo, tutto il materiale fu trasferito presso la sezione napoletana della Società di Storia Patria, nella Torre San Giorgio del Maschio Angioino.

Si tratta di un archivio ricchissimo che raccoglie oltre millecinquecento copioni «raccolti - spiega Cilento - da Eduardo nel corso della sua vita di uomo di teatro. [...] Molti sono frutto del suo lavoro di drammaturgo e delle sue "correzioni" di regista e di attore. Tanti altri costituiscono il suo bagaglio culturale, il riferimento organico ad una grande tradizione, ad un linguaggio teatrale che ha definito i suoi codici nel corso di secoli di pratica; questi recano firme da antologia del teatro napoletano, quali Petito, Eduardo e Vincenzo Scarpetta, Minichini. Eduardo li ha in parte ereditati in via diretta, in parte acquisiti con l'amore del figlio d'arte, con l'attenzione del regista e dello scrittore, con lo sguardo del direttore di compagnia e di teatro, e, perché no, con un pizzico della passione archivistica del collezionista di manoscritti ottocenteschi». (E. Cilento in Atti del convegno di studi sulla drammaturgia civile e sull'impegno sociale di Eduardo De Filippo senatore a vita, Rubbettino).
Oltre ai copioni l'archivio conserva locandine, programmi di sala, ritagli di stampa che coprono un arco di tempo che va dal 1930 fino agli anni '90, foto e bozzetti di scena, documenti relativi alla gestione del Teatro San Ferdinando.

Ora tutto il prezioso materiale che compone l'archivio sarà trasferito presso la Sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli, come è stato annunciato durante l'incontro che si è svolto tra Luca De Filippo ed il direttore della Biblioteca, Mauro Giancaspro. Una volta collocato fisicamente nella nuova sede, il materiale sarà messo a disposizione di studiosi ed appassionati, grazie anche alla creazione di un polo digitalizzato che ne consentirà anche la consultazione online. Il programma dovrebbe essere reso noto nel prossimo settembre.

venerdì 24 maggio 2013

"Eduardo, oggi"

Eduardo nasce il 24 maggio 1900
«1974. Eduardo De Filippo, oggi: settantaquattro anni, la notorietà mondiale, una grande opera alle spalle come autore e come interprete, con quei due buchi nelle gote, le ossa sottili e gracili come grissini, l'arco del sopracciglio che, alzandosi, solleva ormai soltanto il peso della malinconia ma anche, secondo il movimento mimetico-interpretativo, fissa il volto in una maschera dimessamente derisoria o umilmente crucciata, neanche dolorosa, se mai stupita. [...]
Eduardo, oggi: ancora, certo, il personaggio più importante del teatro italiano; e non solo di quella cosa in fondo angusta - e precaria - che è il teatro italiano. È un'immagine, o piuttosto un modello, delle nostre possibilità di estroversione figurata, della misura in cui possiamo rappresentarci pubblicamente. Perchè è un'immagine che viene da lontano - dai secoli - e insieme da vicino, dalla foresta spessa e viva delle maschere, che è lì, appena girato l'angolo della nostra storia risorgimentale. E se uno oggi aguzza l'occhio nel brulichio della cronaca potrà vederlo ancora il lampo bianco e doloroso di Pulcinella, che scantona furtivo negandosi, tentando di cancellarsi, come pieno di vergogna. [...]
Bene, che ne è oggi di questo personaggio candido e fiducioso, un po' spaventato anche e dunque costretto spesso a ricorrere all'ambiguità e alla furbizia [...]? Che ne è di quel vecchio angelo rugoso e un po' spennacchiato che si chiamava Luca Cupiello e che amava tanto fabbricarsi il presepe a Natale, mentre intorno la famiglia gli andava in rovina? Che ne è di Pasquale Lojacono, così felice di credere - o di far finta di credere - al generoso fantasma che era in realtà l'amante di sua moglie? Man mano che passavano gli anni e le commedie questo personaggio-protagonista - che era sempre Eduardo, ovviamente, a interpretare - diventava più laconico.
Quella leggera afasia che l'attore, con grandiosi effetti comico grotteschi, prestava al personaggio, quella faticosa ricerca delle parole da pronunciare, diventava anche sui testi, reticenza voluta, un'immaginaria lunghissima serie di puntini di sospensione. [...] Poi s'è capito. Quest'anno Eduardo vien fuori con la sua commedia-confessione (o ricapitolazione): Gli esami non finiscono mai. Qui parla, certo che parla. Comincia a presentarsi da solo, uscendo dal sipario ancora chiuso, come usava nei vecchi prologhi [...] Per due atti dunque lo stupore, lo spavento, la buffoneria e il dolore di questo Guglielmo Speranza costretto a constatare che la vita è una continua prova, che ogni volta si ricomincia da capo e non c'è nessuna garanzia. [...] Questo è Eduardo oggi, a settantaquattro anni, con quei due buchi nelle gote e le ossa sottili e gracili come grissini. Non più Sik-Sik, artefice magico, uscito dal Kursaal e dal Sannazzaro di Napoli per cavare, dal suo cappello a cilindro di prestigiatore, la sorpresa della nuova commedia italiana dopo Pirandello, mista di riso e sofferenza come sempre il grande teatro; ma un uomo che, rinunciando a fare l'artefice magico (dal cappello è volata via la colomba della giovinezza), dice duramente la sua sulla vita, sui tabù di questa società e persino sulla speranza del dopo; e spiega i suoi intermittenti silenzi di prima, sciogliendoli e unificandoli nell'allibito silenzio di quest'ultimo terzo atto. Gli estri di una volta forse non ci sono più, nel cappello di Sik-Sik; ma qualche grande scena, lui è ancora capace di tirarla fuori da quel doppio fondo inesauribile. Perciò, nonostante la dura negatività di quest'ultima fase della sua arte, la gente affolla i teatri e lo applaude e lo acclama. E ora si sta tutti col fiato sospeso, perché il posto di Eduardo è sul palcoscenico; anche se tace. Ormai s'è capito: il suo silenzio è crepitante e vivo come un lunghissimo monologo».

(Roberto De Monticelli, Corriere della Sera, 24 maggio 1974)


giovedì 23 maggio 2013

Toni Servillo: un sogno di spettacolo

Ieri sera  al teatro Argentina ho finalmente assistito alla messa in scena della commedia Le voci di dentro interpretata e diretta da Toni Servillo. Lo spettacolo ha ricevuto recensioni entusiastiche dopo il suo debutto, avvenuto lo scorso marzo a Marsiglia, e le rappresentazioni al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Grandi aspettative quindi, che non sono assolutamente andate disattese anzi, se possibile, sono state superate.

La commedia, senza timore di essere smentiti, può essere considerata uno dei capolavori di Eduardo. È un testo bellissimo che aveva fatto scrivere al critico Renzo Tian, riferendosi a Eduardo nella sua recensione ad una messa in scena del 1977, «è un visionario che solo incidentalmente si esprime in termini realistici». È la commedia della disillusione che mostra la società del dopoguerra corrotta dagli eventi bellici e che ha perduto ogni parvenza di umanità.

Da anni si discute sulla fortuna delle commedie di Eduardo dopo la sua scomparsa ed è oramai un dato di fatto che le sue opere siano da considerarsi perfettamente in grado di sopravvivere al loro creatore. Basti pensare alle numerosissime messe in scena che raccolgono consensi anche all'estero. L'allestimento di Toni Servillo ne è la riprova tangibile, è la dimostrazione che Eduardo ha composto opere capaci di sopravvivergli, grazie anche ad un interprete straordinario. Servillo è un vero fuoriclasse, un attore di grande carattere che non cede alla tentazione di riprodurre Eduardo facendone un'imitazione. Trattandosi nello specifico di una commedia della quale esiste un documento filmato, immagino sia facile per un attore tendere a riprendere, anche involontariamente, l'originale. Mi è capitato ad esempio qualche mese fa di assistere alla rappresentazione di Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta con la compagnia di Geppi Gleijeses e Lello Arena. Molto divertente, senza alcun dubbio, ma si è trattato di una vera e propria "citazione" della versione teatrale di Eduardo e di quella cinematografica con Totò.

lunedì 8 aprile 2013

Tanti ruoli, una Regina

Regina Bianchi se n'è andata, all'età di 92 anni, il 5 aprile scorso nella sua casa di Roma.
Lontana dalle tavole del palcoscenico ormai da diversi anni, ha  lasciato una traccia indelebile nella storia del teatro italiano.

Nata a Lecce nel 1921, era figlia d'arte, entrambi i suoi genitori erano attori della compagnia di Scarpetta. Giovanissima, dopo un'esperienza nella compagnia di Raffaele Viviani, nell'aprile del 1940 fu scritturata da Eduardo, amico di suo padre e che ne aveva grande considerazione. Durante quegli anni Regina si ammalò di una rara malattia ed Eduardo intervenne personalmente pagando lui stesso le cure e le trasfusioni di sangue necessarie alla sua guarigione. Rimase nella sua compagnia fino al 1944 interpretando vari ruoli e si trovò ad assistere anche alla famosa lite avvenuta al Teatro Diana tra Eduardo e Peppino che sancì la definitiva rottura tra i due fratelli. A distanza di una quindicina d'anni, durante i quali si era dedicata a crescere le sue due figlie, Regina tornò in teatro di nuovo con Eduardo, il quale le affidò quella che a lei sembrò da principio un'impresa insormontabile: vestire i panni di Filumena Marturano, il personaggio creato per Titina e fino ad allora mai affrontato da nessun'altra attrice. Titina era stata costretta ad abbandonare le scene a causa dei suoi problemi di salute ed Eduardo vide in lei una degna sostituta. In più occasioni Regina ha raccontato i suoi timori nell'affrontare questo difficile ruolo e come Eduardo riuscì a convincerla. Il debutto avvenne il 23 ottobre 1959 e lo spettacolo riscosse un enorme successo. Qualche giorno prima la stessa Titina aveva indirizzato a Regina una lettera per incoraggiarla:

«[...] Non c'è niente che non si possa fare con lo studio e la buona volontà.Voi andrete sicuramente benissimo perché studierete la parte e metterete tanto cuore nel recitarla. [...] D'altra parte, amica mia, state pur certa che Eduardo non vi avrebbe esposta ad una critica... se non fosse sicuro delle vostre possibilità».

E il destino volle che, nella memoria collettiva, il volto di Filumena sia rimasto indissolubilmente legato a quello di Regina Bianchi poiché fu di nuovo lei ad interpretarla nella versione televisiva della commedia che Eduardo realizzò nel 1962. Ma non fu soltanto Filumena. Per restare solo alle edizioni televisive, interpretò mirabilmente anche Amalia Jovine in Napoli milionaria!, il personaggio di Armida in Questi fantasmi!, la sorella di Michele Murri, Teresa, in Ditegli sempre di sì. Fu inoltre anche Rosa Priore nell'edizione perduta di Sabato, domenica e lunedì, della quale tuttavia rimane traccia nella registrazione radiofonica della commedia realizzata nel 1961.

Fu una grandissima interprete che riservò a Eduardo sentimenti di stima e gratitudine.

«L'ho amato tanto, mi ha dato tanto, quando ci ha lasciati ho sentito che eravamo rimasti orfani, noi che con Eduardo eravamo cresciuti, maturati, invecchiati e sentivamo che con lui se ne andava una gran parte della nostra vita».

La scomparsa di Regina Bianchi rende un po' orfani anche tutti noi che attraverso i preziosi documenti visivi  lasciatici da Eduardo abbiamo potuto continuare ad ammirare la sua arte.





venerdì 22 marzo 2013

"Le voci di dentro" secondo Toni Servillo

A distanza di dieci anni dalla sua ottima messa in scena di Sabato, domenica e lunedì, Toni Servillo torna a cimentarsi con un testo di Eduardo. Ha infatti debuttato due giorni fa a Marsiglia con Le voci di dentro.
Lo spettacolo è frutto di una coproduzione tra il Piccolo Teatro di Milano, Teatri Uniti, il Teatro di Roma ed in collaborazione con il Théâtre du Gymnase di Marsiglia. Il debutto è avvenuto nella città francese, designata Capitale della Cultura 2013, nell'ambito degli eventi culturali che si svolgeranno durante il corso dell'intero anno. In questo contesto la commedia viene  rappresentata in lingua originale, ovvero un alternarsi di italiano e napoletano, con sottotitoli in francese.

Scritto da Eduardo nel 1948 per denunciare la confusione ed il degrado morale che, all'indomani della seconda guerra mondiale, avevano spezzato il filo di speranza che si era intravisto nel finale di Napoli milionaria!, questo testo risulta essere ancora ai giorni nostri - purtroppo - di inquietante attualità.

Dopo le rappresentazioni di Marsiglia, dove rimarrà fino a domani, lo spettacolo arriverà in Italia. Le date previste sono dal 26 marzo al 28 aprile al Piccolo Teatro Grassi di Milano, dal 7 al 31 maggio al Teatro Argentina di Roma per poi proseguire in una tournée negli Stati Uniti. Accanto a Toni Servillo che interpreta Alberto Saporito, c'è Peppe, suo fratello che lo sarà anche sulla  scena vestendo i panni dell'ambiguo Carlo.




Per saperne di più                                                                                  
11 dicembre 1948. Le voci di dentro
Toni Servillo alla tavola di donna Rosa
Toni e Peppe Servillo, due fratelli in scena (G. Baffi, LaRepubblica.it, 22/03/13)
Toni Servillo: un sogno di spettacolo

sabato 9 marzo 2013

La grande magia del teatro di Eduardo

Foto di Tommaso Le Pera
Non ho i titoli né la necessaria cultura teatrale per scrivere una vera recensione sulla rappresentazione de "La grande magia", commedia di Eduardo scritta nel 1947 e portata in scena in questa Stagione 2012/13 da suo figlio Luca. Tuttavia non posso fare a meno di riportare in questo spazio le mie impressioni dopo aver assistito allo spettacolo ieri sera, al teatro Quirino di Roma.

Ammetto di partire da una posizione di parzialità, dovuta al grande amore per il teatro di Eduardo che mi accompagna da tanti, tanti anni e quindi dico subito che ne sono rimasta davvero incantata. Si tratta di una commedia poco conosciuta e poco rappresentata, sia dallo stesso Eduardo che da altri interpreti. La messa in scena più nota è probabilmente quella che Giorgio Strehler realizzò nel 1985 e che in qualche modo la riportò agli onori della ribalta, non solo in Italia ma anche all'estero.

In estrema sintesi la vicenda narrata è quella di un marito geloso che, durante uno spettacolo di prestidigitazione, vede sparire sua moglie in un sarcofago ad opera del mago Otto Marvuglia. Invece di ricomparire dopo pochi minuti, la donna fugge con il suo amante. Per non rivelare il vero motivo di questa inaspettata sparizione, Otto cerca di far credere all'uomo che sua moglie si trova rinchiusa in una scatola che depone nelle sue mani; solo se la aprirà essendo realmente convinto della fedeltà di sua moglie, questa riapparirà. Il gioco si protrarrà fino alle estreme conseguenze poiché l'uomo, piuttosto che affrontare una realtà che lo spaventa e che non accetta, preferisce rimanere nell'illusione, anche quando, a distanza di quattro anni, sua moglie torna a casa.

È una commedia che non fu probabilmente capita fino in fondo negli anni in cui fu scritta e rappresentata. Sono molti i richiami a Pirandello, si discosta dai testi che avevano reso Eduardo celebre ed amato dagli spettatori e dai critici dell'epoca. Oggi risulta essere un testo estremamente attuale in quanto all'illusione del protagonista  è possibile sovrapporre quelle di un'intera società che, con estrema facilità si affida ai "trucchi" dei ciarlatani di turno.

venerdì 8 marzo 2013

"Città leggendarie e saltimbanchi sovrannaturali"

«Di un attore si dice che deve avere presenza scenica. È il minimo e non basta. Quel piantarsi sul palco non deve solo bastare a se stesso, ma deve ordinare intorno a sé lo spazio, come fa il dolore con il corpo, che pure quando occupa la periferia di un piede lo fa diventare centro dei sensi, a forza di pulsare. Eduardo De Filippo era quella presenza che dava peso e geometria a tutti gli altri corpi intorno. Non era riducibile all'attore, al regista, al commediografo, non era somma di componenti, ma trasfigurazione di una città in macchina teatrale. Lui allestiva Napoli sul ridotto di un palcoscenico, ingrandendola. Il suo teatro è stato volontà di giustizia, di rendere giustizia all'affanno di un popolo e di un luogo, che gli affiorava in faccia a scatti, a mosse d'identità. Napoli saliva insieme a lui sui teatri del mondo. Perciò abitarla non gli poteva servire, anzi era lei, domiciliata in lui, che si spostava sul carro dei teatranti. Succede a città leggendarie e saltimbanchi sovrannaturali».

(Erri De Luca, Napòlide, Edizioni Dante & Descartes)

giovedì 28 febbraio 2013

"Eduardo, il Professore e il Piano Marshall"

Sarà presentato a Roma il 9 marzo prossimo, nel corso di una giornata di studi organizzata dal Centro Teatro Ateneo dell'Università di Roma "La Sapienza", il filmato inedito dal titolo "Monologo", ritrovato di recente negli archivi della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Restaurato dalla Cineteca in collaborazione con la Fondazione Eduardo De Filippo, il filmato vede Eduardo nei panni del suo celebre personaggio Pasquale Lojacono, protagonista della commedia Questi fantasmi!, impegnato ad illustrare il Piano Marshall ad un invisibile interlocutore (nella commedia si rivolgeva al dirimpettaio, il professor Santanna). Il filmato dovrebbe risalire agli anni 1949-51 e con tutta probabilità non è mai stato proiettato.

All'incontro interverranno lo storico del cinema Mino Argentieri, Emanuele Bernardi del Dipartimento di Storia, Culture, Religioni dell'Università di Roma, Sergio Bruno del Centro Sperimentale di Cinematografia, David Ellwood della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna, Antonella Ottai e Paola Quarenghi del Dipartimento di Storia dell'Arte e Spettacolo dell'Università di Roma. Sarà inoltre presente anche Luca De Filippo.

L'incontro avrà luogo presso l'Aula Levi delle Vetrerie Sciarra, in via dei Volsci 122 alle ore 9,30.



Per saperne di più:
Sito dell'Università "La Sapienza", Dipartimento di Storia dell'Arte e dello Spettacolo

Un filmato inedito per il Piano Marshall e altre storie

venerdì 25 gennaio 2013

Quinto piano, ti saluto!

All'inizio degli anni Trenta,  Eduardo, Titina e Peppino vivono un periodo di grandi soddisfazioni. La nuova compagnia che hanno creato nel 1931, "Il Teatro Umoristico", si va affermando. I loro esordi sono al cinema-teatro Kursaal, dove recitano sketch ed atti unici tra una proiezione e l'altra, e poi finalmente in un vero teatro, il Sannazzaro. I consensi raccolti a Napoli li incoraggiano a presentarsi anche al pubblico del resto d'Italia; nel 1933 iniziano con Bari e Foggia per poi risalire anche al nord, arrivando a toccare San Remo, Torino, Bologna, Milano ed infine Roma.

In quegli anni iniziano a mettere insieme un loro repertorio, comprendente commedie scritte da loro stessi, testi di Scarpetta, Pirandello, Armando Curcio, Luigi Antonelli, Paola Riccora ed altri. Nelle loro opere i  fratelli De Filippo pongono un'attenzione particolare nella ricerca di ruoli adatti alle loro personalità, equilibrando le parti e sfruttando al meglio le capacità interpretative e le caratteristiche di ognuno. In questa ottica sembra fare eccezione l'atto unico di Eduardo dal titolo Quinto piano, ti saluto!, scritto nel 1934 e rappresentato per la prima volta nel novembre dell'anno successivo.

Il giornalista e scrittore Orio Vergani, in una sua recensione ad una messa in scena del 1948, lo definì «appena un foglietto di appunti a matita» e, sebbene non si fosse espresso in termini positivi, questa definizione a me è piaciuta molto. Si tratta di un breve atto unico dai toni malinconici, pur non mancando alcuni spunti comici. Racconta la storia di Giacomo, un uomo che trovandosi a passare casualmente in una via di Napoli nella quale aveva abitato in gioventù, scopre che il palazzo in cui era vissuto sta per essere demolito. Sale allora fino alla sua vecchia abitazione del quinto piano e, di fronte agli operai che la stanno buttando giù mattone dopo mattone, prende commiato dalla casa della sua infanzia e giovinezza. Secondo alcuni è possibile rintracciare un'ispirazione autobiografica nell'atto unico in quanto, proprio nel 1934, fu abbattuto il palazzo in cui aveva vissuto per un periodo sua madre. In ogni caso, come recitava il sottotitolo del programma di sala, si tratta di uno «scorcio nostalgico», quasi una riflessione che l'autore rivolge al pubblico, affidata al monologo di Giacomo. Il testo è introdotto da una didascalia iniziale piuttosto lunga, nella quale Eduardo intende trasmettere l'atmosfera che si respira

venerdì 11 gennaio 2013

Mariangela Melato (1941 - 2013)


Mariangela Melato, una delle migliori attrici italiane, è morta questa mattina a Roma.

Un paio di anni fa ha interpretato il personaggio di Filumena Marturano nell'edizione televisiva realizzata da Massimo Ranieri. La scelta di rendere in italiano alcune commedie di Eduardo ha suscitato diverse perplessità; secondo l'opinione di molti infatti, i suoi personaggi sono troppo intimamente legati a Napoli ed alla sua lingua per essere calati in un altro contesto geografico. Io personalmente non sono d'accordo. Pur prediligendone le versioni originali, credo che siano figure talmente vive e rappresentative di tanta umanità, che in qualunque latitudine riescono a trasmettere il loro messaggio.

Figuriamoci poi quando a interpretarli sono artisti come Mariangela Melato.