giovedì 15 settembre 2011

Tempeste

Angela Leonardi, laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l'Università Federico II di Napoli, nel 2007 ha pubblicato per Colonnese Editore un interessante saggio sulla traduzione di Eduardo dell'opera di Shakespeare "La tempesta" in dialetto napoletano del Seicento.

Lontani tra di loro nel tempo e nello spazio, queste due grandissime personalità hanno votato le loro esistenze alla comune passione per il teatro, facendone una ragione di vita e lasciando tracce indelebili attraverso la loro arte. Hanno condiviso la medesima visione del teatro come metafora del mondo, in cui la condizione dell'attore rispecchiava quella dell'uomo.

Eduardo non ha mai nascosto la sua ammirazione per il drammaturgo inglese, primo autore teatrale a cui si accostò in gioventù, scegliendo di iniziare a leggere, durante gli anni della sua formazione, tra i vari autori proprio «il primo della classe: Guglielmo Shakespeare».  E quasi come a chiusura di un cerchio, la traduzione de "La tempesta" ha rappresentato la sua ultima fatica, terminata pochi mesi prima di morire.

Eduardo non si limitò a farne una semplice traduzione ma, grazie anche alla scelta di utilizzare il dialetto napoletano seicentesco, adattato e reso comprensibile ad un pubblico del nostro tempo, ne ha compiuto una vera e propria trasposizione. Mantenendo la fedeltà al testo originale non ha dimenticato mai uno degli elementi essenziali nella sua idea di teatro, ovvero il "personaggio in più", il pubblico. Nei vari capitoli di questo saggio l'autrice, mettendo a confronto i due testi, evidenzia l'accuratissimo lavoro compiuto da Eduardo per rendere comprensibili allo spettatore del proprio tempo concetti e situazioni di un'epoca lontana, spesso dilatando il testo originale, più raramente eliminando alcuni versi, con numerosi richiami anche alla Commedia dell'Arte.

«È però evidente che qualsiasi operazione condotta sul testo originale ha per lui lo scopo principale di servire la propria poetica, esplorando i modelli e le potenzialità espressive che gli consentono di porla in essere. Ed è in questo spazio ideale che va collocato il tratto che innanzitutto colpisce il lettore-spettatore, vale a dire il ricorso pressoché generalizzato al dialetto napoletano dei Seicento - "ma come può scriverlo un uomo che vive oggi; sarebbe stato innaturale cercare una aderenza completa ad una lingua non usata ormai da secoli"; un idioma fortemente evocativo, ricchissimo, sia dal punto di vista lessicale che sematico, capace di immergere il testo scespiriano nel mondo della cultura e delle tradizioni napoletane persino quando Eduardo cerca di mantenersi fedelissimo all'originale [...]. Così, con accenti diversi emergono in tutta la loro forza i temi e le forme originari: la favola del mago Prospero, i prodigi di Ariel e degli altri spiriti, le fattezze mostruose di Caliban, i duetti comici tra Stephano e Trinculo e, soprattutto, le situazioni e i rapporti tra i personaggi, che danno modo alle più contrastanti pulsioni dell'animo umano di venire alla luce».

Angela Leonardi, Tempeste. Eduardo incontra Shakespeare, Colonnese Editore



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