giovedì 9 dicembre 2010

9 dicembre 1960. Il sindaco del Rione Sanità

«È una commedia simbolica, non realistica [che] parte da un personaggio vivo, vero, che affonda le proprie radici nella realtà ma poi si sgancia da essa, si divinizza, si sublimizza, per dare una precisa indicazione alla giustizia» (Intervista a Sergio Lori, Il Dramma, nov-dic 1972). Così Eduardo definì Il sindaco del Rione Sanità, commedia scritta nel 1960, per il cui protagonista si ispirò ad un personaggio realmente esistito. Torna ad affrontare il tema della giustizia, visto dalla parte dei più deboli che, come Filumena o come Vincenzo De Pretore, sentono lontana da loro. Eduardo del resto era sempre stato attratto dalle aule di tribunale, dove spesso si recava spinto dal suo «spirito di osservazione immancabile, ossessivo […] A poco a poco misi insieme una folla di diseredati, di ignoranti, di vittime e di aguzzini, di ladri, prostitute, imbroglioni, di creature eroiche e esseri brutali, di angeli creduti diavoli e diavoli creduti angeli. Ancora oggi essi sono con me, assieme a tanta altra umanità che man mano ha accresciuto la folla iniziale». Quando poi fu nominato senatore a vita nel 1981, prese a cuore la causa del recupero dei giovani detenuti nelle carceri minorili.

Antonio Barracano è il primo protagonista eduardiano dotato di vero carisma. Secondo Anna Barsotti «anche questo protagonista che agisce, e non subisce, è un visionario, uno che, convinto di vedere oltre, travede: un prigioniero del sogno, anche lui». Sulle  pagine della rivista "Sipario" il critico Roberto Rebora ne scrisse in questi termini: «Don Antonio Barracano è un bellissimo personaggio, solo, sfiduciato, deluso, saggio e ostinato. Si muove tra la gente carico di pietà ma è lontano come un affresco tra le nuvole». Gode nel Rione Sanità di grande stima e rispetto da parte della gente del quartiere che protegge da anni, intervenendo nelle dispute ed evitando che ricorrano ai tribunali, dove avrebbero difficoltà a far valere i propri diritti. Lui stesso in gioventù era rimasto vittima di un'ingiustizia che segnò per sempre la sua vita: era infatti stato  picchiato per motivi futili da "Giacchino della tenuta Marvizzo". Non avendo testimoni non poté ottenere giustizia e quindi lo uccise. Fu costretto per questo a fuggire in America e, tornato dopo aver fatto fortuna, ricorse a falsi testimoni, ottenne la revisione del processo e l'assoluzione per legittima difesa. Accanto a lui c'è il dottor Fabio Della Ragione che, dopo aver passato anni a curare feriti e ad estrarre pallottole, vorrebbe lasciare don Antonio perché è stanco di girare a vuoto difendendo i delinquenti del quartiere. Si rivolge al Sindaco un giovane, Rafiluccio Santaniello, che gli annuncia di voler uccidere suo padre il quale, dopo averlo cacciato dalla sua bottega di panettiere, lo scredita impedendogli di rifarsi una vita. Antonio interviene presso il padre di Rafiluccio ma questi lo invita a non intromettersi nei suoi fatti privati. Quando Antonio si reca nella sua bottega per fare un ultimo tentativo, Santaniello, spaventato, lo accoltella e lo ferisce gravemente. Per evitare che si perpetui la catena di omicidi e di vendette, il Sindaco organizza una cena, con il pretesto di salutare il dottor Della Ragione in partenza per l'America. Barracano vuole mettere in scena la sua "morte naturale" davanti a dei testimoni.  Viene portato con la forza anche Santaniello, già pronto a fuggire dopo aver corrotto l'unico testimone dell'accoltellamento, un uomo che pochi giorni prima aveva giurato a don Antonio eterna riconoscenza per averlo aiutato in una situazione difficile. Quando sopraggiunge la morte, il dottore decide di non partire più e di prendere il posto di don Antonio, denunciando però la verità su quanto avvenuto.


La commedia debuttò il 9 dicembre 1960 al Teatro Quirino di Roma, dove ebbe un'accoglienza straordinaria. La critica apprezzò moltissimo sia l'interpretazione di Eduardo, fatta di lunghe pause, di sguardi, sia la commedia, soprattutto il primo atto, che la sua regia. Qualche perplessità fu espressa sul terzo atto; secondo Giorgio Prosperi «come spesso accade nei lavori di Eduardo volge di colpo al patetico [facendo rimpiangere] il puro teatro degli atti precedenti». Giovanni Mosca scrisse: «Commedia ambiziosa, come tutte le commedie di Eduardo, e non dico mancata, ma incompleta, zoppicante, ed il finale è un fiume di retorica, ma chi se ne accorge? Quando l'autore sta per scivolare, c'è sempre l'attore a sostenerlo, e con mano tale che il pericolo dello scivolone si risolve nella meraviglia e nella felicità di un volo».

La commedia fu rappresentata al San Ferdinando di Napoli, quindi a Bologna e a Firenze. A Milano giunse nella successiva stagione 1961-62 e fu portata in tournèe in Europa dell'Est nella primavera del '62. Fu poi ripresa nelle stagioni 1972-73 e 1973-74. Furono realizzate due versioni per la TV, la prima nel 1964 e la seconda nel 1979.

Nel 1972, quando uscì il film Il Padrino, vincitore di tre premi Oscar, qualcuno lo accostò alla commedia di Eduardo, che però rifiutò decisamente questo accostamento con il malavitoso del film: «Quello del Padrino è un personaggio… al centro di una ragnatela grigia. Che è la mafia. [...] Mentre il mio don Antonio, se la piglia con la magistratura! Eh già! Dice: la legge è fatta bene, sono gli uomini che si mangiano fra di loro! Dice quel che sta succedendo: la corruzione! Quel che succede adesso» (Gerardo Guerrieri, "Il Giorno", 23 aprile 1976).



Bibliografia
Eduardo De Filippo, Teatro, Vol. III, a cura di Paola Quarenghi e Nicola De Blasi (Mondadori - I Meridiani)
Eduardo De Filippo, Cantata dei giorni dispari, vol. terzo, a cura di Anna Barsotti (Einaudi)
Fiorenza Di Franco, L'impegno civile di Eduardo De Filippo, in Atti del Convegno di studi sulla drammaturgia civile e sull'impegno sociale di Eduardo De Filippo senatore a vita, a cura di Elio Testoni (Rubettino)


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